venerdì 28 settembre 2012

Voto disgiunto, aberrazione del consenso


Sarà che il clima politico è sempre più al calor bianco ma si ha l’impressione che i nervi, di buona parte di chi è nel circo della politica, siano scoperti. Basta poco o nulla per sentirsi tutti chiamati in causa anche quando, in effetti, non sono stati nemmeno citati. Dico questo pensando alla questione, mai tirata in ballo a proposito di riforme elettorali, del voto disgiunto quando si dà il consenso a un candidato diverso rispetto alla coalizione che lo sostiene. Accade per l’elezione diretta del sindaco o per l’elezione del presidente della Regione. Nelle ultime elezioni regionali il fenomeno del voto disgiunto ha visto Di Laura Frattura incassare in percentuale più consensi rispetto alle sue liste. A Isernia il fenomeno dell’anatra zoppa, una maggioranza diversa in Consiglio rispetto al sindaco vincente Ugo De Vivo, ha rimandato tutti a casa con buona pace della volontà popolare e delle conseguenza che comportano la mancanza di una guida della città. Ieri il segretario regionale dell’Udc, Teresio Di Pietro, ha parlato di queste cose con la collega Giovanna Ruggiero. Lo ha fatto in chiave politica ponendo degli spunti di riflessione che possono essere in parte o in tutto condivisibili. Di Pietro ha ribadito che il voto disgiunto: «E’ un obbrobrio giuridico utilizzato dai faccendieri della politica» e ancor di più «voto di scambio per fare giochetti». Del resto se monta l’antipolitica la colpa è anche un po' dei protagonisti di chi chiede il consenso. Voto disgiunto, riforma elettorale, riduzione del numero degli eletti. Su questo e altro ancora si vuol aprire un confronto, soprattutto da queste colonne. Il voto disgiunto si può e si deve definire l’aberrazione della volontà popolare. La gestione approssimativa del consenso sta portando a un progressivo impoverimento di un valore così importante come la politica. Si avverte tra la gente la percezione del distacco, di un rifiuto che oramai si può pesare. E tutto ciò non è una cosa buona.  
Pino Cavuoti

martedì 25 settembre 2012

Noi siamo con il direttore Alessandro Sallusti: subito un decreto legge

Alessandro Sallusti
Querele, condanne, carcere. E’ il segno di come in questo Paese ci sia ancora arretratezza per il reato di dffamazione che comporta anche la pena detentiva, mentre sarebbe più corretto una sola forma più civile come quella risarcitoria. Dopo Giovan­nino Guareschi e Lino Jannuzzi c’è il pericolo che si aggiunga tra i giornalisti finiti dietro le sbarre anche il nome di Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale.  E non si tratta di una difesa della categoria degli scribacchini, come qualcuno ama appellarci, ma una constatazione sul campo fatta da chi ogni giorno si trova nella stessa condizione soprattutto quando non è materialmente l’autore dell’articolo ritenuto diffamatori. Si potrebbe anche dire, nel caso in specie che riguarda Sallusti, che la pericolosità sociale del direttore sia data dal fatto che il quotidiano da lui diretto abbia parlato, senza citarlo, di un magistrato! Per risolvere la questione basterebbe, come qualcuno suggerisce, un decreto legge di po­che parole in cui si dica: le pene detentive inflitte per reati com­messi a mezzo stampa sono con­vertite in sanzioni pecuniarie. Domani la sentenza della Cassazione che renderebbe esecutiva la condanna a 14 mesi di carcere, senza condizionale. Antonio Di Pietro chiede a Monti di intervenire con un decreto: «È impensabile che un giornalista possa finire in carcere per quello che ha scritto». Dal canto suo Sallusti dice: «Il mio caso serva da grimaldello per scardinare il problema della libertà di opinione». La Federazione nazionale della stampa italiana è intervenuta affermando che «è inaccettabile che un giornalista per fare il suo lavoro e per le sue opinioni rischi la galera. Non è da Paese civile». Per questo siamo con Alessandro Sallusti e con chiunque altro si dovesse trovare nella stessa condizione.
Pino Cavuoti

domenica 23 settembre 2012

Mafia-Stato, nascondono la verità. A Vasto Ingroia accolto come una star

Antonio Di Pietro e Antonio Ingroia
Vogliamo solo conoscere la verità e non ci arrendiamo. Conoscere la verità fa parte del nostro codice gentico anche perché c’è la morte degli uomini caduti per lo Stato». Sono trascorsi pochi secondi dalle 18 e 40 e nel cortile di Palazzo d’Avalos a Vasto i partecipanti alla Festa dell’Italia dei valori si alzano in piedi. Tutti, per applaudire, commuoversi, far sentire la loro rabbia, che monta. E si inizia a sentire prima una, poi due, decine e decine di voci gridare: vogliamo la verità. Una forte emozione ha toccato quanti hanno ascoltato, nemmeno fossimo in chiesa, l’intervento del senatore Luigi Li Gotti che per pco tempo è stato il difensore di Vincenzo Scarantino, il pentito chiave del processo per la strage di via D’Amelio. «Era un fiume in piena - ricorda Li Gotti - che non si riusciva a contenere e diceva un sacco di fesserie. L’avevo capito e ho rinunciato alla sua difesa e anche il Ilda Boccassini». Ieri pomeriggio, come quando si va a una partita di calcio e si paga il biglietto solo per vedere un’azione del grande campione, si sono toccate alte punte di attenzione e di partecipazione durante il confronto “A 20 anni dalle stragi, rimangono i misteri, diminuisce la difesa dello Stato”. L’attesa era tutta per il pm di Palermo, Antonio Ingroia, che parla della trattativa Stato-mafia e spiega come «la posta in gioco doveva essere molto alta. Per questo l’inchiesta ha suscitato tanto clamore».  E rispondendo a una precisa domanda di Claudia Fusani, che ha moderato l’incontro, sulle dichiarazioni del pentito Spatuzza e all’inchiesta di Caltanissetta che, sull’omicidio di Borsellino, dovette venire riaperta, Ingroia dice: «Mi rifiuto di pensare che si sia trattato solo di un depistaggio mirato a coprire killer più importanti. E’ chiaro che ci deve essere stato qualcosa di più grande che si voleva coprire». E ancora «Poi, se dopo aver considerato tutto questo si pensa che Borsellino è stato ucciso perché ostacolava la trattativa, forse si intravede la posta in gioco e si capiscono i tanti clamori suscitati». Posta alta in gioco e le bugie di Scarantino. Ritardo nelle indagini per le stragi di Capaci e via D’Amelio  che «nasce da una distrazione che c’era stata una trattativa tra Stato e mafia e si voleva impedire di scoprire questo coperchio».

venerdì 21 settembre 2012

Idv, la foto di Vasto resterà solo un ricordo?

E’ trascorso solo un anno, ma sembra un secolo. Dodici mesi fa Vasto si ritagliava una propria fetta di notorietà con quello che è poi diventato un favoloso spot turistico per la città e un tormentone per quanti respirano le stanze del Parlamento italiano: “la foto di Vasto”. Ma cosa è rimasto di quella che è diventata l’icona del centrosinistra e che sembrava il portafortuna di una possibile e nuova stagione della politica nazionale?
A sentire i detrattori del Tonino nazionale poco o nulla. Proprio sul portone d’ingresso del cortile di Palazzo d’Avalos il giovin signore Matteo Renzi  parlando di “quello scatto”  ebbe a dire «è una foto che si è già sfasciata da sola, basta vedere ciò che è successo nel corso dell’ultimo anno. Quella foto ormai appartiene ad un album, ma all’album dei ricordi». Punti di vista del sindaco di Firenze ma che trova sulla stessa sintonia il segretario nazionale del Partito democratico. Infatti Pierluigi Bersani ha fatto passo in questo settimo incontro nazionale, mentre ci sarà Nichi Vendola che sembra amare questa città. Si perde un Bersani ma gli organizzatori dell’edizione 2012 regalano ai tanti che in questi giorni saranno qui a Vasto un programma così intenso da essere vissuto senza perdersi un incontro.

giovedì 20 settembre 2012

Gigino D'Angelo: «Nei piccoli comuni si diventa buoni amministratori»

Gigino D'Angelo è il primo cittadino di Montefalcone del Sannio. Un piccolo ma attivo comune che guarda dal Molise la vallata bagnata dal fiume Trigno. Alcune domande per conoscerlo meglio per una passione politica e sociale che ha animato il suo impegno per la comunità amministrata.
Una ragione convincente per capire perché è diventato sindaco?
«La grande passione della mia vita è stata ed è la politica, la faccio da quando portavo i pantaloni corti, ma ho la fortuna di non vivere di politica e questo mi rende ancora più libero».
Ha mai avuto rimpianti della serie: chi me l’ho fatto fare?
«Ho sempre interpretato la politica come strumento al servizio della gente e del bene comune, e non mi rassegno all’idea che tutto è marcio. sono convinto che c’è un Italia sana, un Molise migliore che non si arrende alle nuove domande, ai nuovi bisogni che ogni giorno Sindaci ed Amministratori locali vedono ed ascoltano semplicemente camminando per strada. Per me questa è la politica, una politica che guarda in faccia la realtà, che ascolta. Detto questo vengo alla sua domanda: vede io ho ricoperto importanti ruoli istituzionali ma fare il sindaco è un’altra storia, affascinante, emozionante. La decisione di candidarmi a sindaco l’ho maturata pensando che era  giunto il momento di ripagare la fiducia che il popolo più volte mi aveva dato e mettermi al servizio di Montefalcone e nonostante il decadimento etico-morale della società, della politica e delle istituzioni  continuo a pensare che vale la pena appassionarsi intorno a quello che continua a rimanere un senso importante della vita: l’impegno politico, l’impegno istituzionale. Si, dedicarmi mettendo al servizio della mia gente e del territorio l’esperienza politica ed amministrativa acquisita negli anni. Certo, ci sono momenti di sconforto e di scoraggiamento, ma basta poi un grazie di un anziano per la mensa sociale istituita dal comune, che ti ricarichi e trovi l’entusiasmo per andare avanti. Oggi i comuni vivono il momento più difficile della loro storia, tutti i governi in nome dei tagli alla politica si sono lanciati e si lanciano come iene  sugli enti locali togliendo risorse. Con questa logica non si va da nessuna parte e soprattutto non si mette mano lì dove ci sono sprechi e sperpero di denaro pubblico, vedi Parlamento e Regioni. Ovviamente in questo contesto diventa difficile amministrare un comune. La crisi che sta attanagliando le famiglie fa aumentare sempre di più il numero dei cittadini che si rivolgono ai comuni per esigere diritti. Diritto al lavoro, alla salute, all’istruzione ecc… e di fronte a questi bisogni diventa difficile dare risposte concrete ai cittadini senza risorse adeguate.  Noi sindaci siamo in prima linea, siamo le sentinelle del territorio e siamo chiamati quotidianamente a difenderlo e provare a dare una prospettiva ai nostri cittadini. Non a caso stiamo lavorando insieme  per costruire  un nuovo modello organizzativo e gestionale di alcuni servizi, al fine di abbattere i costi e utilizzare i risparmi per garantire servizi essenziali ai cittadini».
Scomparirà mai il comune di Montefalcone del Sannio.
«Montefalcone per fortuna è un paese medio grande, con tanta gioventù e dove ci sono i giovani c’è futuro».
Ora si nasce in ospedale. E’ favorevole a una legge che consenta di stabilire nato a Montefalcone pur essendo venuto al mondo al San Timoteo?
«Non mi appassiona dove si nasce ma la qualità di vita del posto in cui vivi, è stata questa la rotta che ho cercato di tracciare dal giorno in cui sono stato eletto sindaco».
Ha ragion d’esistere l’Associazione nazionale dei comuni d’Italia? Qual è il suo impegno nell’associazione? Da una piccola realtà come Montefalcone ritiene di aver acquisito un’adeguata preparazione amministrativa per puntare a responsabilità maggiori?
«Io credo che l’Anci ha fatto e stia facendo tante battaglie a difesa dei comuni, se ci sono state conquiste lo si deve soprattutto alla capacità di rappresentanza e di tutela che l’Associazione ha avuto nel corso degli anni e dico questo pur non avendo mai ricoperto ruoli dentro l’Anci. Ora però abbiamo davanti grandi sfide, i comuni hanno sempre più responsabilità ed i sindaci maggiori poteri, quindi in questa ottica diventa  fondamentale il ruolo dell’Anci. C’è bisogno di un’associazione che diventi luogo di elaborazione e condivisione di tutte le problematiche che singolarmente noi sindaci affrontiamo. L’Anci deve essere  la casa dei sindaci ed i sindaci devono riscoprire il senso di appartenenza all’associazione. Tutto questo vale ancora di più per il Molise, dove bisogna riorganizzare un nuovo assetto istituzionale alla luce delle nuove disposizioni legislative, e l’Anci deve avere un ruolo da protagonista per guidare il cambiamento. I sindaci hanno bisogno di un’associazione forte, capace di dialogare, di confrontarsi con le istituzioni nell’interesse dei comuni. Per fare tutto questo c’è bisogno di un nuovo entusiasmo e di una squadra di sindaci che ci dedicano tempo e passione. Una squadra trasversale capace di andare oltre gli steccati politici di appartenenza. In questa ottica e con questi presupposti metto al servizio dei comuni e dei territori la mia esperienza politica ed amministrativa candidandomi alla guida dell’Anci.
Ritiene che si tornerà a votare in Molise se il Consiglio di Stato confermerà la sentenza del Tar?
«Penso che il Consiglio di Stato confermerà la sentenza del Tar e credo sia nell’interesse del Molise e dei molisani tornare al voto il prima possibile. I cittadini hanno bisogno di ungoverno forte, capace di affrontare questo momento drammatico».

martedì 18 settembre 2012

Il caso Fiorito. E in Molise cosa succede?

Verrebbe da dire che, per dirla con una frase molto popolare, è stata scoperta l’acqua calda. Lo scandalo scoppiato nel gruppo del Pdl nel Consiglio regionale del Lazio evidenzia come, quando i soldi da spendere non sono i propri, ci sia l’inveterata abitudine di avere le mani bucate.  Ma la cosa grave - e bene ha fatto il presidente Renata Polverini ad alzare la voce minacciando le dmissioni - è l’uso che si è fatto del denaro pubblico (cioè delle tasse pagate dai cittadini). Che si chiamino rimborsi o fondi in dotazione dei gruppi regionali poco o nulla cambia. Il dito verso è rispetto alla leggerezza con la quale si spende e si spande. Occorrono maggiori controlli, che vengono annunciati e mai effettuati con il rigore necessario. In Molise qual è la situazione? Al presidente del Consiglio regionale chiediamo quali procedure ha avviato perché non ci sia anche da noi un “caso Fiorito”. Il rapporto di grandezza con la Regione Lazio dovrebbe consentire un lavoro di verifica molto più immediato, ma soprattutto più efficace. A Mario Pietracupa l’invito a farsi portatore di maggiore rigore, ma anche di rendere pubblici i fondi destinati ai gruppi regionali. Magari con la pubblicazione obbligatoria sui giornali. E visto che siamo ancora in attesa di conoscere i redditi dei consiglieri regionali, sollecitiamo l’invio della relativa documentazione. Per quella trasparenza che tutti dicono di volere ma che non si verifica mai.
Pino Cavuoti

domenica 16 settembre 2012

Nozze di granito per Domenico e Immacolata

Ieri mattina aprendo la posta  elettronica ho ricevuto un messaggio con la richiesta di pubblicazione degli auguri. Una coppia, Domenico e Immacolata, 65 anni fa, il 15 settembre 1947 ha pronunciato il fatidico sì. Chi mi ha scritto ha suggerito anche il testo da pubblicare sul giornale: la loro unione possa essere un esempio per le generazioni future, i figli, i nipoti ed i bis-nipoti. Dovendo pensare a cosa scrivere per questa domenica non ho avuto dubbi: per una volta una coppia di sposi protagonista del nostro giornale. E, ne sono certo, a nome di tutti i lettori a Domenico e Immacolata giungano i migliori auguri. E’ sono un esempio per tutti noi. Non voglio aprire la discussione sul perché i matrimoni hanno vita breve rispetto ai tempi dei nostri festeggiati. Ma qualche numero lo dobbiamo pur dare per stimolare la riflessione. 

martedì 11 settembre 2012

Manuela Petescia, nostra Signora delle televisione

Sembra incredibile, eppure pur vedendola da anni sullo schermo e irrompendo nelle nostre case si può anche arrivare a dire di non conoscerla abbastanza. Ma chi? Si sta parlando di “nostra signora della televisione”, ovvero Manuela Petescia.  E arrivare a farle la prima domanda dell’intervista, che adesso leggeremo insieme tutto d’un fiato, che alla fine può sembrare persino banale. Ma che fotografa, da un’angolazione psicologica il personaggio, a tal punto da “inquadrarla” alla perfezione.  Alla domanda chi è Manuela Petescia cosa ti risponde? «Come sarebbe chi sono? Il direttore di Telemolise».
A chi sarebbe aspettato, ad esempio, una frase del tipo:  «Sono una donna, bla bla,,, che pur facendo la mamma e impegnata in mille altre cose fa delle cose e anche la televisione, ti risponde semplicemente: sono il direttore di Telemolise. Come a dire che chiamarsi Manuela Petescia e dire Telemolise sono la stessa cosa. E in effetti non si può che condividere questa considerazione. E restarne affascinati al pari di un bambino, che guarda una mela caramellata e la fissa a lungo, anche dopo averla avuta e non la mangia per paura di non averla più, di rimanerne senza.
Sono sincero, non avevo mai pensato di intervistare Manuela. Ma poi mi sono detto: perché no. In fondo non si finisce di conoscere abbastanza una persona, per giunta con un ruolo così pubblico come quello di giornalista televisivo. Ed ecco che una domanda dopo l’altra hanno permesso di costruire un percoso conoscitivo che aiutare a comprendere, meglio, chi è Manuela Petescia, il direttore di Telemolise.

domenica 9 settembre 2012

Antonio Di Pietro: al lavoro per nuove responsabilità di governo

Antonio Di Pietro, presidente nazionale Idv
Puntuale, sbarbato a dovere, polo bianca come conviene a chi in queste zone si sente a casa e in vacanza, giacca scura e immancabile stemmino con il gabbiano all’asola del bavero. Incontro nella sede di Termoli dell’Italia dei valori con il presidente e leader maximo del partito, Antonio Di Pietro.  Ieri mattina tranquillo, ma determinato come sempre a tenere sulla corda eletti e dirigenti del suo partito. Conferenza stampa per parlare delle trivellazioni al largo delle Isole Tremiti e per parlare di Michele Iorio e del Consiglio di Stato «che non può non confermare la decisione del Tar di annullamento delle elezioni e noi dell’Italia dei valori abbiamo il dovere di dire cosa vogliamo fare qui in Molise» e il progetto politico di costruire in Italia una coalizione riformista alternativa «alle politiche personali di Berlusconi» e quelle di Monti che «sono politiche ragionieristiche che prendono dove gli fa più comodo ed è più facile». Un Di Pietro che vuole costruire la sua alternativa con quelle forze «che intendono assumersi con noi la responsabilità di condividere un programma comune».
E qui in Molise? Un moto propulsore e aggregativo di tutti coloro che vogliono avere un modello alternativo a Iorio «a quel sistema di governo». Insieme a Paolo Di Laura Frattura per «riportare indietro le lancette dell’orologio». Regole del gioco che sarebbero state violate. «Qui - ripete Di Pietro - vogliamo ripetere la partita, con quelle squadre e con quelle persone».
E si parte con l’intervista “personalizzata”.

sabato 8 settembre 2012

Ulisse Di Giacomo: «Mi ripresento perché ho le mani pulite»

Il senatore Ulisse Di Giacomo (Pdl)
Qualcuno ha messo in giro la voce che sia così introverso che se si guarda allo specchio diventa così cupo da non riconoscersi. Ma è solo una delle tante dicerie per sminuire la portata e l’apporto umano e politico di Ulisse Di Giacomo, cardiologo innamorato della politica. Prima come socialista e poi dopo il 1992 e la diaspora nel Psi approdato prima a Forza Italia e ora al Popolo della libertà. Non si è mai sottratto al confronto. Anche questa volta non si risparmia rispondendo ad alcune domande che saranno passate al microscopio da chi in questa regione vive in funzione della politica.

venerdì 7 settembre 2012

Statuto regionale: il vero segnale di cambiamento

I consiglieri regionali a mezzo servizio, almeno fino a quando il Consiglio di Stato non si pronuncerà sull’annullamento delle elezioni del 2011, hanno un’occasione straordinaria: impegnarsi per approvare la Magna Carta della Regione Molise. Al momento lo Statuto è fermo al palo e dopo il via libera del prefetto Trotta si potrà lavorare, seppur in una condizione di straordinarietà, per ridurre il numero dei consiglieri regionali. Così, se si dovesse andare a rivotare subito, la prossima assise regionale sarà in sintonia con l’impegno voluto dal governo di ridurre i costi della politica. Se invece il 16 ottobre i componenti della massima giustizia amministrativa decideranno di riformare la decisione del Tar Molise la legislatura riprenderà il suo cammino regolare con un’eredità non indifferente: essere riusciti già a sistemare il numero degli inquilini di Palazzo Moffa. Ma c’è un aspetto nuovo che deve essere considerato: la scomparsa della Provincia di Isernia. Finora l’assemblea è stata composta su base provinciale con 17 candidati per Campobasso, 7 per Isernia e il listino.

mercoledì 5 settembre 2012

Il sorriso dei lavoratori vale più di ogni altra cosa

Ieri mattina ho partecipato al taglio del nastro per la riconsegna dei lavori per la sistemazione dell’area di Lama del Gallo interessata alla frana.  E’ stato messo in sicurezza il collegamento tra Campobasso e la fondovalle Biferno. Evito di polemizzare sul fatto che ci siano voluti quindici anni! Colpa della politica che non ha saputo sbattere i piedi più forte del dovuto? Forse. E’ ormai storia metabolizzata dai più. Ciò che mi preme evidenziare è ora reale, l’abbiamo davanti ai nostri occhi.  Da ieri sarà meno difficile percorrere in andata e ritorno la salita della Statale 647 direzione B per raggiungere il capoluogo regionale. Alleluia! In questo spazio voglio rendervi partecipi della sensazione provata stando, spalla contro spalla, con gli operai che in questi due anni hanno lavorato con professionalità alla realizzazione di un’opera che l’amministratore unico dell’Anas, Pietro Ciucci, ha definito «davvero due opere d’arte, per la loro fattura ingegneristica e per la loro valenza estetica».

domenica 2 settembre 2012

Matteo Renzi, il rottamatore che si fa piacere

Se sei bravo e bello allora non ti è precluso nulla. Folla, applausi, strette di mano, sorrisi e anche la convinzione tra chi ti ascolta che forse è finita il tempo del purgatorio e, visto che parliamo di un concittadino di Dante, allora può accadere anche di volare alto con Matteo Renzi. Ieri pomeriggio, su invito del consigliere comunale del Pd Domenico Molino, il sindaco di Firenze è giunto per parlare del suo ultimo libro “Stil Novo”. Ma è evidente che il giovane primo cittadino sta scaldando i motori per la grande partenza del suo tour per preporsi alle Primarie del Partito democratico. E a vedere come è stato accolto ieri a Vasto l’impressione è che saranno in tanti ad appassionarsi a lui. In prima fila il collega Luciano Lapenna, che gli ha donato la statua della Bagnante simbolo della città adriatica, il presidente del Consiglio comunale Giuseppe Fortel’ex parlamentare Giovanni Di Fonzoil capogruppo in Regione Camillo D’Alessandro e il capogruppo  provinciale Camillo D’Amico.  «Non credo - parlando dal palazzo che ha ospita la festa nazionale dell’Idv con lo scatto che è stato il tormentone di un anno intero - ci sia bisogno di sfasciare la foto di Vasto. E’ una foto che si è già sfasciata da sola, basta vedere ciò che è successo nel corso dell’ultimo anno. Quella foto ormai appartiene ad un album, ma all’album dei ricordi». «Anzi - ha aggiunto ancora Renzi - credo che dobbiamo cambiare l’impostazione e smettere di pensare che le foto si fanno tra i leader politici, la vera foto di Vasto, come quella di ogni città italiana, è la foto dei cittadini che si mettono in gioco e provano nel loro piccolo a cambiare l’Italia». Renzi ha quindi spiegato che non crede all’alleanza dei leader «ma a un coinvolgimento delle persone normali che tornano a fare politica e che dicono che la politica è una cosa bella e che non può essere lasciata a quelli che in questi vent’anni hanno combinato il disastro che vediamo». Il sindaco di Firenze si prepara a lasciare la sua Toscana per attraversare l’Italia e «se vinciamo le primarie - ha detto - cambieremo l’Italia, e se le perderemo daremo una mano a chi ha vinto, come vuole la regola interna del Pd. Noi non siamo, però, degli sfasciacarrozze, ma siamo dei rottamatori, ovvero delle persone che dicono: se hai già fatto 15 anni in Parlamento, forse è ora che lasci spazio ad altri, perché nessuno è indispensabile». E che sia un buon affabulatore lo si è capito dal livello di attenzione della sala gremita come non accadeva da tempo. «E se chiamasse il premier? Correrei subito, se servisse a risolvere i problemi della mia Firenze». Renzi ha parlato di un pranzo che fece ad Arcore con Silvio Berlusconi, quando era presidente del Consiglio dei ministri. «I politici voglio farvi capire - dice  - non sono superoi  un po’ come Ufo Robot che arrivano e che risolvono tutti i problemi. Se ci pensate la stessa esperienza del centrodestra e di Berlusconi al governo è stata quella di chiedere ai cittadini una delega in bianco. Cosa ha detto agli italiani: ghe pensi mi. Non sono antiberlusconiano per principio. Anzi ho accettato l’invito a pranzo ad Arcore, e non ho detto la cena perché Berlusconi su queste cose ha lo sguardo clinico, e lo rifarei ancora. Ma solo perché quando un presidente del Consiglio ti invita e ti chiede di parlare ci vado. E lo farei anche se domani mattina mi chiama Mario Monti e mi dice vieni al barbiere che ti devo parlare cinque minuti io ci vado per risolvere i problemi della mia città».

sabato 1 settembre 2012

Dopo due anni proviamo a resistere

Esattamente due anni fa, il primo settembre del 2010, faceva la sua comparsa Il nuovo Molise.  Poi ha cambiato nome, con quello presente oggi sulla testata del giornale che in questo momento avete tra le vostre mani. Sono stati 616 numeri sudati, ogni giorno, per essere presenti in edicola. Senza il piglio dei primi della classe, ma con la consapevolezza di volerci essere, a tutti i costi. Carne o pesce? Sono i nostri lettori più fedeli a doverlo dire. Che ne hanno dovuto passare, come noi, delle belle, tra mille difficoltà che qualche volta ci hanno appesantito e il più delle volete cercato di far affogare. Con qualche debito in più e con più di qualcuno che ci prega la vita (i nostri creditori) ora siamo a spegnere la seconda candelina. Virtuale perché non c’è proprio nulla da festeggiare, ma poi in fondo al cassetto sono certo che questo pomeriggio ne troverò una già usata, che potrebbe fare al nostro caso.  Con caparbietà il nostro amministratore, tal Giuseppe Santone da Campobasso - a proposito mi sembra più un nome da sacro tempio da venerare piuttosto che litigarci - ha studiato un piano operativo che con la riduzione della foliazione - a proposito da domani ritorneremo a 24 pagine così come eravamo partiti due anni fa - ci dovrebbe consentire, con minori costi di stampa e confezionamento, di chiudere i conti con meno affanno. I contenuti saranno gli stessi, con la stessa cura nella trattazione degli argomenti per quanto abbiamo saputo fare nei numeri che sono già materia per gli storici... Con consapevole follia mi impegno a portare avanti al largo questa barca, che non va a motore con la sola forza del vento. Qualche naso raffinato starà già pensando ad alta voce: eccoli pronti a cercare padrone! Problemi suoi. Il vento che ci spinge a uscire dal porto è quello della libertà di pensare anche che oggi sarà una bella giornata, perché il sole sorgerà anche per noi. E non facendomi mancare persino una frase, nella quale credo con profondo rispetto, dico: andiamo avanti, a Dio piacendo. Con la dignità di non avere di che vivere. Del resto gli uccelli hanno forse bisogno di vestirsi per stare all’aria aperta?  Grazie ai colleghi di ieri e di oggi  che hanno condiviso questo viaggio.
Pino Cavuoti