domenica 26 agosto 2012

Michele Iorio: sono l’amico dei molisani

In camicia a quadri e pantaloni corti, circondato dalla sua famiglia. Sembra tutto meno che il presidente della Giunta regionale del Molise, il comandante in capo di questa regione. Nel buen ritiro di Campomarino Michele Iorio si riposa con moglie, figli, nuore, nipoti e con un pacioccoso Carlino in famiglia da ben 10 anni.  «Era di mio figlio Luca - con affettone spiega la presenza Iorio - ma poi come sempre accade il cane è rimasto in famiglia con noi». Una debolezza del capofamiglia che dimostra come l’immagine publica è cosa ben diversa da quella famigliare. Rispetto allo Iorio in camper in vacanza di qualche estate fa ora prevale quello tutto casa e spiaggia. C’è più tempo per riposare e riflettere.
Ultimo fine settimana di sosta per il governatore del Molise. Lettura di tutti i giornali regionali e nazionali con l’immancabile mezzo Toscano.

mercoledì 22 agosto 2012

Dalla rivolta di Reggio ai moti molisani

Nel 1970 con l’istituzione della Regione Calabria inizia un acceso dibattito sulla collocazione del capoluogo, poiché più d’una città aspirava a esserlo. Dalle parole, come spesso accade, si passò ai fatti. Sappiamo tutti come andò a finire tanto che oggi con l’espressione Moti di Reggio o Rivolta di Reggio si identifica una sommossa popolare avvenuta a Reggio Calabria dal luglio del 1970 al febbraio del 1971, in seguito alla protesta dovuta alla decisione di collocare il capoluogo di regione a Catanzaro con l’istituzione degli enti regionali. La storia si potrebbe ripetere, anche qui da noi. Possibile? A muovere per primo la pedina è Lorenzo Lommano, il leader della Lega Sannita. Ieri ha diffuso un comunicato con il quale propone una suggestiva ipotesi. Senza peli sulla lingua e senza tanti giri di parole il colosso di Campobasso suggerisce di aprire la discussione sul trasferimento del Consiglio regionale da Campobasso a Isernia. «Sarebbe un modo - dice il leghista sannita - per risarcire il territorio della Pentria e creare un clima di unità regionale». E mentre la politica di casa nostra sembra addormentata per il caldo di questi ultimi giorni d’estate, Lommano che elettoralmente conta come un prefisso teleselettivo, rompe gli indugi e mette sul tavolo del confronto un’idea niente male. Portando come ragionamento in dote i costi di una politica molisana costretta a pagare fitti onerosi per mantenere le sue strutture a oltre quarant’anni dalla sua istituzione. In termini di riduzione dei costi ci può pure stare considerare soluzioni alternative e alternate tra Campobasso e Isernia. Quella di Lommano può anche essere considerato un pensiero folle, ma da queste piccole cose possono nascere delle grandi occasioni di confronto, per sparigliare tutto. Ai campobassani, per evitare che si agitino prima dell’uso, si precisa che è solo una proposta, una provocazione, fatta per sollecitare un’analisi più profonda sui costi di gestione di un apparato amministrativo che fa fatica a muoversi come un elefante in un negozio che vende cristalleria.
Pino Cavuoti

martedì 21 agosto 2012

Gli anziani dalle lunghe attese

Vi sarà capitato di andare in qualche ambulatorio medico e fare la fila avendo al fianco degli anziani. E’ un’occasione unica per cercare di conoscere il mondo degli ultra settantenni. E scoprire le loro fobie, le loro malattie e la loro saggezza. In una stagione della nostra vita nella quale si ha poco tempo per stare con gli anziani, a proposito mia madre compirà 81 anni a novembre, il condividere gli interminabili minuti della fila è un buon esercizio per vedere le cose da un punto di osservazione diverso di chi, pur avendo rispetto a noi ancora produttivi meno aspettative di vita, ci dà i punti rispetto ai nostri affanni di tutti i giorni. Si scopre che con pochi euro al giorno si riesce persino a mangiare, tanto da riuscire a mantenere la linea. Dove andare a fare la spesa risparmiando, dei mezzi di trasporto per spostarsi da una parte all’altra della città o nei comuni vicini. Un senso pratico delle cose che ti sconvolge rispetto ai modi nevrotici e il più delle volte sconclusionati che adottiamo nel nostro agire quotidiano. E a dispetto della loro età gli anziani è difficile che li riesci a fregare con le parole anche se poi, alla fine, cedono ai tuoi ragionamenti e lo fanno più per farti contento! Un aspetto mi ha lasciato sgomento. Sono le lunghe attese che devono sopportare, più che dal medico di famiglia o agli sportelli delle Poste, quando si devono recare all’ospedale  per una visita ambulatoriale o per un esame diagnostico. Liste infinite mentre si accorgono che c’è sempre qualcuno che li passa avanti. E la cosa che più di ogni altro aspetto che li manda in bestia. Quando ho ascoltato queste cose mi è venuto da ridere. Su questo fronte le stesse cose accadono a tante persone più giovani dei nostri anziani in fila. E ho pensato a Ferdinando Fotticchia che dalle onde radiofoniche di Rds fa gli scherzi telefonando a medici e professori universitari per chiedere favori. E il più delle volte riesce a passare avanti a tutti per il semplice fatto di essere il dottor Fotticchia. Dall’altra capo del filo c’è sempre qualcuno disposto a fare un favore, semplicemente chiedendoglielo.
Pino Cavuoti

domenica 19 agosto 2012

A quando le campane a morto?

Mons. Domenico Cornacchia, vescovo di Lucera e Troia
Nella vicina Lucera il vescovo a conclusione della festa patronale ha fatto suonare non campane a festa ma ‘a morto’ perché “non c’è nulla da festeggiare”. Il vescovo di Lucera e Troia, mons. Domenico Cornacchia, ha voluto così partecipare la propria vicinanza ai problemi che crea nella diocesi la soppressione del tribunale di Lucera, con le sue sedi distaccate di Rodi Garganico e di Apricena. Nei giorni scorsi aveva anche rivolto un appello al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e al governo per il mantenimento degli uffici giudiziari lucerini. Il presule ha raccolto lo stato di disagio della popolazione per manifestare in maniera molto funerea. A quando anche in Molise? Se la politica non conta più nulla a tal punto da chiedere sponda al clero non credo che ci vorrà molto per aspettarsi altrettanto dai vari Bregantini, Visco, Scotti e De Luca. Già nel recente passato ne abbiamo avuto dimostrazione nel momento in cui in difesa della salute pubblica abbiamo visto in prima fila i nostri vescovi. Che l’aria sia cambiata non ci vuole molto a capirlo. E non è difficile immaginare quelli che potranno essere gli scenari futuri in questa regione. E’ vero che le parole non possono più bastare ma credo, anzi ne sono convinto, che un dialogo meno frutto di demagogia possa servire a sensibilizzare i molisani che andando avanti qualcosa si perderà. Che sia un ospedale o una provincia o un tribunale. Non occorre frequentare le sacrestie per capire che è vicino il tempo del “de profundis”. Ci siamo incamminati nella giusta direzione a ritmo di “spending review” con una serie di statiche che penalizzano sempre “noi piccini” rispetto alle grosse realtà regionali. Che dire di Cornacchia? Ha fatto bene a far suonare le campane a morto? Per simpatia mi sento vicino al prelato, ma mi accorgo che ci siamo avviati verso tagli che saranno seguiti da altri tagli. Se questa è la musica il suono dei bronzi pasquali saranno solo un lontano ricordo.

sabato 18 agosto 2012

Giano bifronte, la politica che non si capisce

Sarà il clima vacanziero, sarà che la politica in fondo è l’esercizio della demagogia, ma sulla spending review i nostri eletti hanno un atteggiamento a dir poco curioso. Un esempio lo ha dimostrato il senatore Ulisse Di Giacomo capace, nel giro di poche settimane, di sostenere l’insostenibile e nel contempo dare un esempio di lungimiranza politica e amministrativa. L’argomento oggetto della nostra riflessione sotto l’ombrellone è la crociata ante litteram del coordinatore regionale del Pdl per difendere la defunta Provincia di Isernia. A proposito siamo sorpresi nel constatare che il buon Mazzuto questa settimana si sia riposato non spendendosi in altre iniziative per dimostrare che  l’ente di via Berta è vivo e vegeto! Ma torniamo al senatore. Continua a battersi per giustificare la necessità dell’esistenza della seconda provincia in Molise dimostrando una visione ottusa dal punto di vista amministrativo, salvo poi lanciarsi nella proposta - condivisibile e che apre interessanti scenari di confronto con altri regioni - della Macroregione Adriatica «che avrebbe - come scrive il nostro Di Giacomo - l’opportunità di diventare la cerniera tra Nord e Sud del Paese  e un polo unico di riferimento per tutti i Paesi che si affacciano sull’Adriatico»  e arrivando a caldeggiare che «sarebbe importante che su questo argomento le forze politiche e sociali esprimessero la propria opinione e chiarissero ai cittadini la loro posizione, uscendo per una volta dall’angusto e improduttivo confronto sui ricorsi elettorali e sulle questioni di parte». Una prima risposta l’ha avuta il senatore dal sempre vivo Michele Petraroia che ha colto la palla al balzo per dire: ci sono! Un sussulto  di buona politica in questi ultimi scampoli di estate. A condizione che si perda, però, la sindrome - ci sia concessa questa licenza -  del doppiopesismo. Anche se  la cultura classica di qualcuno fa pendere per la mitologia e con la doppia testa che guarda ora di qua e ora di là.
Pino Cavuoti

mercoledì 15 agosto 2012

L’estate a Vasto è un po’ più cool “da Mimì”

Pino Molino con i nipoti Francesco Giuseppe e Paolo
Una lunga storia d’amore e di eventi lega “da Mimì” a Vasto Marina. Un viaggio che ha inizio agli inizi degli anni Cinquanta quando in un locale al di sotto della sede stradale apre il Microbar gestito da Domenico “Mimì” Molino. Per la precisione di fronte all’hotel Nettuno. Da allora e attraverso il passaggio di padre in figlio, siamo già alla terza generazione, tante le novità che ci consegnano l’attuale chalet “da Mimì”. Mancano pochi mesi al traguardo dei settant’anni ma Pino Molino, figlio di quel Mimì, dopo averne passate tante tra attività commerciale e politica, ha ancora la voglia e la forza di ricordare il lavoro svolto dalla sua famiglia nel campo dell’accoglienza e del divertimento.
Pino Molino si confessa sapendo che ora a gestire già da vent’anni il locale è il figlio Mimì Domenico, nipote di quel Mimì, con la sorella Alessandra e i consigli del fratello Luciano,  a Milano per lavoro, e l’occhio vigile della moglie Mariateresa e può quindi dormire sogni tranquilli. E ricordare, magari sognando, l’inizi di questa avventura. Siamo nel 1956 quando il Microbar diventa “da Mimì” per poi traslocare nella rotonda. Ma siamo già nel 1960. E quante serate sono da ricordare. Con nomi che hanno scritto la storia della musica italiana e fatto innamorare migliaia e migliaia di persone. Tutte di passaggio a Vasto Marina “da Mimì”. Tanto che il settimanale Europeo allora annoverava il locale di Mimì Molino come uno dei punti di riferimento più cool per la costa. Popolare e alla moda per la città adriatica assieme al Miramare di Vincenzo Pomponio a Vasto o alla terrazza Ricci a Vasto Marina. Erano i tempi degli appuntamenti del Cuv (Centro universitario vastese) che hanno fatto divertire un’intera generazione quando bastava davvero poche lire.
E i cantanti che vedevi sugli schermi delle prime tivù nelle case dei vastesi erano ospitati "da Mimì" quando bastavano ventimila lire e un piatto ai frutti di mare. Antonello Venditti, Alice ed Helen Kessler, Peppino Galiardi, Sergio Endrigo, Claudio Baglioni, Francesco De Gregori, Pino Donaggio, Nini Rosso, John Foster (cantante e giornalista pseudonimo di Paolo Occhipinti) o Riccardo Cocciante, o i più recenti Francesca Alotta, Eugenio Finardi, Cristiano De Andrè e Cristian De Sica.
Con orgoglio Pino Molino guarda agli anni trascorsi e ai cambiamenti che hanno caratterizzato la gestione sempre familiare. E che riesce, nonostante la crisi economica che quest’anno si avverte nella sua pesantezza, a garantire servizi e qualità ma soprattutto a lavorare. «I cambiamenti economici e dlla società - commenta Molino - richiedono unità di intenti da parte di una categoria che qualche volta dimentica di fare squadra per pensare più ai propri egoismi che al benessere dell’intero settore. Il turismo può crescere solo se c’è uno sforzo comune per farlo vivere e sviluppare. Pensare solo a se stessi e non insieme si rischia di creare solo delle cattedrali in un deserto». E in effetti la strada aperta con lo chalet “da Mimì” nel 1992 ha dato il via a un nuovo look seguito poi da tutti e che dai vecchi “casotti”, dalle vecchie cabine, si è passati alle strutture che sono davanti agli occhi di tutti.
Dalla marina si può alzare lo sguardo e vedere Vasto nel suo splendore con la torre di Santa Maria Maggiore e l’imponente Palazzo d’Avalos. E seduti sotto gli ombrelloni bianchi e blu lasciarsi rapire dal passaggio dei bagnanti su e giù per la spiaggia.
Da qualche stagione le serate “da Mimì” sono tornate a essere molto cool con la proposta “bordomare” ideata da Luciano. Un aperitivo e tante chiacchiere a sulla riva nello splendido golfo lunato. E poi le proposte del sabato sera con l’intrattenimento musicale. In fondo è il modo più semplice per vivere la spiaggia in maniera spensierata.
Infine un personaggio che non può essere non segnalato Abo, al secolo Nicola Tenaglia. Per quasi mezzo secolo bagnino delle estati vastesi con trascorsi sulla costa romagnola e in Versilia con una parentesi in Australia ragione per la quale il nomignolo mutuato da aborigeno.  Ora  Abo con le sue catenine e la pelle color pece intrattiene le clienti con le sue battute e i ricordi di una vita. Si dice che qualche giorno fa alcuni clienti gli abbiano fatto uno scherzo: «Se non fossimo intervenuti noi Pino Molino sarebbe affogato». E Abo? Per trovare una giustificazione al suo mancato intervento si è messo a parlare di tutto e di più dimenticando di dire la cosa più semplice e vera: l’aver appeso al chiodo remi e salvagente! Anche questo è “da Mimì” dove in cucina puoi trovare anche “Pio Pio” Valentino Suriano che sembra non temere concorrenza nella preprazione del brodetto alla Vastese, della chitarrina ai frutti di mare e della frittura da scottrasi le dita. 
Per chi ha la puzza sotto il naso voglio ricordare che per quindici stagioni sono stato a stretto contatto con la famiglia Molino. Quindi ciò che avete letto è il frutto di affetto e attività lavorativa diretta, in piena libertà. Provare per credere.

domenica 5 agosto 2012

Evasione fiscale, il cancro da sconfiggere

In una delle solite passeggiate mattutine, che mi sono state “consigliate” dal medico di famiglia e che di rimando consiglio a tutti voi, l’argomento con i compagni di terapia è stata l’evasione fiscale. A turno abbiamo ricordato un episodio recente nel quale siamo stati protagonisti e complici dell’evasore, più o meno incallito del momento. Ne voglio ricordare solo due. Per senso pratico e per arrivare a una conclusione. Ma andiamo con ordine. Primo episodio. Si ottura lo scarico su un terrazzo. Viene chiamato un idraulico che, con la mazza di una scopa e meno di 5 minuti, libera il tubo piendo di foglie. Passa all’incasso per chiedere 70 euro e scrivere la somma ricevuta su un foglio bianco. Una chiamata successiva, con l’invito a portare un documento fiscale, con la minaccia di  segnalare l’accaduto alla Guardia di finanza, e l’idraulico che torna addirittura a riportare i soldi. Forse perché è davvero troppo pagare 70 euro per 300 secondi di lavoro! Altro episodio. Esame radiografico con impegnativa del medico. Una volta effettuato viene consegnata al paziente la classica busta gialla per scoprire appena tornato a casa che oltre alla lastra non c’è nessuna ricevuta. Il giorno dopo, ancora una volta dal radiologo, per sentirsi dire alla richiesta di ricevuta: nessun problema eccola. Salvo poi scoprire che in sette mesi di lavoro ha rilasciato meno di 500 ricevute fiscali. E passo dopo passo, per perdere tempo, calcolare che in 150 giorni lavorativi il notro povero radiologo avrebbe radiografato poco meno di 4 persone al giorno! Non si vuol criminalizzare né l’idraulico né il radiologo. Ma in entrambi casi si arriva a una conclusione qualcosa non quadra. Non si vuol mettere in dubbio i controlli da parte della Guardia di finanza o dell’Ufficio delle Entrate, ma un ragionamento semplice dobbiamo pur farlo.  Non credo di guadagnare più di un idraulico o del proprietario di un studio radiologico.   I miei compagni di passeggiata sono arrivati a una conclusione. Basta confrontare i miei redditi, beni mobili e immobili e conti correnti per scoprire che qualcosa non torna. Rispetto all’idraulico e al radiologo. E che l’evasione sia un male da paragonare al cancro è l’affermazione più spontanea alla quale, molto più spesso, si ricorre per spiegare come possa essere dolorosa per la nostra economia al pari di un male incurbaile. Con la differenza che per la lotta al cancro si stanno facendo importanti passi in avanti. Mentre per l’evasione fiscale non si riesce a scrivere la parola fine. Perché è nella nostra natura frodare lo Stato. E da chi fa del nero ci si sente rispondere che è quasi una necessità per poter andare avanti nell’attività. E così discorrendo. Un discorso tautologico che ci porta sempre al punto di partenza per quanto si voglia ragionare per arrivare a un concetto definitivo.
Il problema resta e con tutte le conseguenze immaginabili tra chi paga le tasse (sicuramente chi viene pagato con la busta paga) e chi invece  fa di tutto per non pagarle.  E passo dopo passo è stato anche facile fare gli esempi sulle proprietà e sulle vacanze di questi poveretti costretti ad evadere le tasse.
Fino ad arrivare a prendere chi fa informazione quando si scrivono titoli a sei colonne per segnalare l’attività di controllo della Guardia di finanza come se fosse una notizia che le Fiamme gialle sono impegnate nei controlli degli scontrini e delle ricevute fiscali. Perché, purtroppo, la normalità diventa un’eccezione. Ci sono ancora troppe sacche di resistenza, ma se invece di lamentarsi si iniziasse a pretendere il dovuto forse si contribuerebbe, anche segnalando gli episodi irregolarità alle autorità competenti, a ridurre la spinta evasiva.
Tanti discorsi in questa ennesima e salutare passeggiata. Che tra una chiacchiera all’altra, anche questa volta, ci ha dato la possibilità per parlarci addosso.
Pino Cavuoti