giovedì 27 gennaio 2011

Erminia Gatti, l'avvocato di ferro

Eviteremo di dire che è bella, anche perché non è permesso a chi la conosce da quando frequentava le superiori e a San Salvo si batteva davanti alla scuola elementare con i suoi genitori per far riconoscere i diritti negati al fratello disabile. Che la ragazza avesse facilità di eloquio e che avesse prestava fisica lo si era capito già da allora, ciò che è diventata in Molise è sotto gli occhi di tutti. Erminia Gatti è riuscita a ritagliarsi una fetta di notorietà oltre che per le gambe  per la sua caparbietà. Tre figli e un marito che adora dedito a produrre un ottimo vino per chi lo può bere considerato che ne faccio a meno essendo astemio persino all’odore.
Dopo una stagione al fianco di Antonio Di Pietro, tanto da essere la prima dei non eletti per un seggio al Parlamento Europeo e consigliere comunale a Termoli, e aver attraversato Costruire democrazia - resta tuttora amica e frequentatrice del consigliere regionale Massimo Romano - la Gatti è approdato alla corte di Francesco Rutelli in qualità di coordinatrice regionale di Alleanza per l’Italia e funzionale alla coalizione che ha dato vita al Terzo Polo.
Da dove si comincia? Dall’incontro romano che ha segnato lo spartiacque tra quello che poteva essere il Terzo Polo e quello che sarà. L’impressione che si ha è che in Molise il Terzo Polo si trovi ancora a dover attraversare il guado.
«La sua è una sensazione fondata. In Molise ci sono un paio tra gli alleati ex Polo, e mi riferisco in particolare all’Udc e l’Mpa, che sembrano non aver compreso fino in fondo le prospettive e la linea che è nata da Roma e che dovrà essere, in maniera coerente, tradotta e applicata in tutti i territori. Come per altro è stato detto e senza possibilità né di equivoco né di fraintendimento in quel di Roma. Una prospettiva nuova, un’avventura ancora in fieri. Nessuno dice che sia tutto semplice. La traduzione sui territori si incontra e si scontra anche talora anche con assetti politici e istituzionali esistenti come è il Molise, tuttavia la linea è chiara ed è stata tracciata. E quindi per il futuro, e per il futuro intendiamo domani e le prossime tornate elettorali che per noi saranno le Provinciali prima e subito dopo le regionali, non vi è dubbio che il Terzo Polo ci sarà. Le elezioni sono anche uno straordinario momento per iniziare a costruire una classe dirigente e a inserirla nelle istituzioni. Noi siamo pronti a questa sfida e quando dico noi intendo il Terzo Polo nella quale linea mi riconosco e dico anche Alleanza per l’Italia che siamo nati come partito per fare esattamente questo».
Attualmente l’unico a smarcarsi è stato l’Mpa con Rosario De Matteis che è rimasto l’unico rappresentante in Molise.
«Ha fatto un atto di oggettiva chiarezza. In qualche modo andrebbe quasi ringraziato. Ora mi attendo il passo conseguente. Chi dice sto nel centrodestra e resto fedele a Michele Iorio  farebbe bene a iscriversi al Pdl e non partecipando alle riunioni del Terzo Polo».
Di chi sta parlando in modo particolare per caso di Pallante.
«No mi riferisco in questo momento a De Matteis. Di Pallante sono ferma a ciò che lui dichiara, sto a quello che ho visto e sentito dire a Roma. Riconosco a Pallante una grande chiarezza di intenti che ha comunicato anche a più riprese. A differenza dei suoi alleati Fli nasce in contrapposizione al Pdl., unico e dichiarato obiettivo di essere qualcosa di diverso e alternativo da un partito di tipo berlusconiano e di tipo proprietario. Nella misura in cui a livello locale si decide di assumere questa linea e di dare vita a un nuovo soggetto credo che si condivida fino in fondo il percorso politico. A differenza di altri alleati comprendo l’imbarazzo e pregherei di fare chiarezza  perché già sono inseriti in maggioranza e ora hanno subito un cambio di rotta nella linea politica. Penso all’Udc e all’Mpa. Sono nati in seno al centrodestra. Nessuno ordina in periferia a costituire un nuovo soggetto come il Fli. Chi lo fa, come ha fatto Quintino Pallante in Molise, ha ben chiaro che questo sistema bipolare non funziona e che c’è bisogno di un rinnovamento e di aprire una nuova prospettiva».
Mi spieghi bene, perché su questo passaggio ho le idee un po’ confuse. Pallante cosa dovrebbe fare.
«Pallante è stato democraticamente eletto in una coalizione che all’epoca era unitaria. Se devo dire cosa farei io o cosa dovrei suggerire a Pallante gli direi di smarcarsi senz’altro sin d’ora da quella maggioranza tracciando una linea di propria autonomia. Come hanno già fatto diversi politici in Italia. Il caso più eclatante sono le dimissioni di un assessore dell’Udc in Lombardia. Io lo farei e mi piacerebbe molto se Pallante lo facesse. Però non posso muovere critiche a chi intendere concludere il percorso istituzionale già avviato purché la si consideri un’esperienza a termine e che da domani non può che evolversi in un’altra prospettiva».
Quindi sono giusti i comportamenti sinora messi in essere da Pallante, De Matteis e che Gentile si sia messo da parte.
«Bisogna fare chiarezza. Il Terzo Polo da questo punto di vista ha una funzione di gene degli steccati non indifferente. Siamo in un momento politico complesso e in divenire. Capisco che tutti i processi di rinnovamento non avvengono in un giorno e riproducibili in modo automatico. Ben vengano l’assestamento e di passaggi intermedi. Che gli elettori capiscano chi sta con chi».
Se le dico che Ulisse Di Giacomo ha invitato due volte Pallante al tavolo del centrodestra molisano cosa dice.
«Felicemente non faccio parte del centrodestra e non mi occupo degli equilibri della maggioranza. Un mondo che non mi appartiene e che non frequento. Credo che sia giunto il momento di distinguere il piano politico da quello istituzionale.  Non mi sembra di poter dire che il Fli faccia parte della maggioranza di centrodestra espressa dal Pdl».
Veniamo al Terzo Polo. Chi deve convocare la riunione in Molise.
«Non è importante chi prenderà l’iniziativa tra le sigle che compongono il Terzo Polo. Sto dando qualche giorno agli amici dell’Udc affinché si chiariscano le idee rispetto a se stessi e alle indicazioni di Roma. Ho sentito dire Izzi e forse anche Velardi che si sarebbero adeguati fedelmente a ciò che avrebbero detto il partito. Forse non si sentono con Roma, se vogliono posso aggiornarli  per quanto è stato diramato attraverso un comunicato stampa da Lorenzo Cesa.  Segretario nazionale dell’Udc che ha detto che si presenteranno con candidature autonome in seno al Terzo Polo in tutta Italia, dalle comunali alle regionali. Mi auguro che Velardi possa fare, rispetto a tutto questo, uno sforzo di comprensione».
Con Velardi non si è sentita.
«No perché a Roma non si è presentato, né ha chiamato. Avrei avuto piacere di averlo visto seduto al tavolo molisano perché penso che fosse la sede più opportuna per confrontarsi. Il tempo corre veloce e non c’è tempo da perdere».
Quindi quando si vedrà con gli altri.
«Credo la prossima settimana, al più tardi quella successiva per avviare delle consultazioni».
Si prenderebbe di chiamare uno per uno tutti al telefono.
«Naturalmente. Non ho alcuna difficoltà».
Ce li ha tutti i numeri di telefono per chiamarli.
«Quelli che non ho non faccio fatica a recuperarli».
Non è un problema di organizzazione.
«No, solo di buona volontà».
Se da questo tavolo ci fosse un’accelerazione verso destra. Non ha considerato questo rischio.
«Non l’ho considerato perché ho partecipato alle primissime fasi di questo processo e ho vissuto il confronto quando i leader nazionali ipotizzavano di dare vita a un nuovo soggetto politico. La risposta più efficace, chiara e nitida è stata quella del coordinamento dei 100 deputati per il voto di sfiducia. è stata la prova del 9, perché in quelle condizioni era più facile correre ai ripari. Se c’era un momento per giocare la posta al rialzo era quello romano, ora non si torna più indietro. La politica è costituita da fatti, all’indomani della fiducia si è costituito un coordinamento a livello nazionale,  poi  sono seguite riunioni anche con il confronto con i coordinatori regionali mostrando grande chiarezza. Le voci possono essere tante e discordanti, i fatti non si possono interpretare».
 Gatti a destra, a quando?
«Giammai».
E più a sinistra di dove si trova?
«Più a sinistra in che senso».
E' vero che le posizioni non si possono classificare così, ma se lei dice che a destra non va, vuol dire che c’è anche una sinistra.
«Penso che sia stato chiarito quale sia il mio perimetro di riferimento.  Sinistra estremista urlante faccio fatica a riconoscermi, tuttavia mi riconosco in uno schema di carattere progressista e riformista che abbia un chiaro respiro europeo. Un partito moderno proiettato al futuro. Dove mi trovo adesso, che fa riferimento ai moderati e ai liberali, mi sento perfettamente a mio agio. Più a destra così lo escludo».
In una battuta, perché è andata via da Antonio Di Pietro.
«E' difficile condensare il tutto attraverso una battuta. è stata la delusione di un’esperienza fallita. Faccio solo le cose nelle quali credo profondamente. L’Idv è stato un progetto nel quale avevo creduto. Avevo creduto alla favola bella del rinnovamento e delle meritocrazia e dello spazio per i giovani. Mi sono scontrata con un partito che risponde alle medesime logiche di tutti gli altri, che era nato per contrastare. Allora una battuta? Se un partito nasce per essere migliore o diverso dagli altri ed è uguale a tutti gli altri, nella misura in cui è uguale e non solo è peggiore, al ribasso millantando una diversità  che poi non c’è. Piuttosto che raccontare bugie agli elettori ho preferito assumere l’onere di andare a cercare il mio percorso altrove».
Ma quando telefonava Di Pietro come la chiamava: Erminia, avvocato, Gatti, come la chiamava.
«Veramente il problema di Di Pietro è questo: non chiama mai. Non ha un rapporto personale con la sua classe dirigente».

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