domenica 11 marzo 2012

Rino Morelli, di corsa verso la Serbia


I grandi colossi dell’economia italiana stann concentrando gli sforzi dall’altra parte del mare Adriatico. In particolare a Belgrado si è riunito il Serbian Italian Business Council., si tratta di un ente no profit dedicato alla promozione dei rapporti economici e commerciali tra i due paesi, al sostegno di iniziative di consorzi di imprese private per sviluppare affari e all’organizzazione di eventi di alto profilo. Lo scorso 8 marzo nella città serba si è svolto il vertice intergovernativo Italia-Serbia al quale hanno partecipato i soci del Serbian-Italian Business Council del quale fa parte l’Armafer di cui è amministratore Rino Morelli. All’incontro intergovernativo c’era il presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti, e il ministro per lo Sviluppo economico e infrastrutture e trasporti, Corrado Passera. Tra i tanti appuntamenti in terra serba anche al pranzo buffet  organizzato dall’ambasciatore d’Italia in Serbia, Armando Varricchio. Con l’imprenditore Morelli è d’obbligo parlare di lavoro e dell’occupazione. Un momento non facile per l’economia.

«Più mi muovo per l’Europa e più di accorgo che il mondo del lavoro e le leggi sul lavoro in Italia sono ancora rimaste ferme senza aver capito ai cambiamenti in atto nel resto del mondo. In Italia si parla ancora dell’articolo 18, invece negli altri paesi vediamo una mobilità dei lavoratori. Ci sono leggi sul lavoro che consentono una maggiore flessibilità, ma soprattutto un’attenzione diverse verso le imprese che qui non vediamo».
La sua ultima visita in Serbia. Cosa ha trovato.
«Ho trovato i più grossi gruppi italiani guardare con interesse verso quel Paese, spostando e costruendo nuovi stabilimenti. Questo perché lì ci sono agevolazioni fiscali e diverse condizioni per l’acquisizione di lavoro e la gestione dei lavoratori. La nostra delegazione ha avuto un incontro con il ministro dell'Economia, Nebojsa Ciric, e il ministro Passera per discutere di iniziative in una terra dove è tutt’altra cosa rispetto alla condizione italiana. Ci sono meno vincoli nelle assunzioni e meno problemi per i licenziamenti nelle situazioni di esubero. Così si consente alle aziende di crescere e di svilupparsi con una maggiore capacità di essere competitivi».
Ma tutti questi limiti possono ricondursi solo e soltanto all’adozione dell’articolo 18 oppure non crede che ci siano altri fattori negativi per l’economia.
«Ci sono tutte due le questioni che lei ha sollevato. Per me l’articolo 18 è un freno allo sviluppo. Di questo ne sono convinto. Ma poi ci sono problemi legati alle norme e alle leggi che strangolano tutte le iniziative che possono dare nuovo sviluppo. Le faccio un esempio. A Brindisi per il rigassificatore ci sono voluti 11 anni per avere tutte le autorizzazioni necessarie, oppure come a Gioia Tauro dopo 7 anni non riesce a decollare una nuova iniziativa. Se questo sono le normativa che regolano le attività non ci sarà interesse né da parte delle imprese nazionali né da quelle estere».
Qual è la situazione delle imprese in Molise.
«In questo momento seguo con più interesse le vicissitudini delle realtà estere che frequento. Ma ho la sensazione, più che fondata, che in Molise al momento non c’è opportunità di sviluppo tale da consentire una grande ripresa. Ho aziende in questa regione e stanno vivendo il particolare momento critico. Basta un esempio. Ci troviamo al Centrum Palace. Abbiamo registrato una diminuzione del 40% del nostro fatturato. Ho un’altra azienda molisana dove non ho commesse. Se questo è lo specchio dell’economia in Molise in questo momento».
Un freno allo sviluppo, congiuntura negativa a parte, può essere rappresentato anche dai ritardi nei pagamenti delle imprese.
«E’ vero. Abbiamo ritardi dei pagamenti anche superiori a un anno e anche più. Non sono più sufficienti nemmeno le azioni legali per farci pagare».
La colpa?
«Credo che sia duplice. La prima i ritardi dell’erogazione da parte del governo centrale. La seconda la scarsa attenzione delle istituzioni regionali che non danno impulso a ottemperare ai propri obblighi».

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