lunedì 7 febbraio 2011

La buona politica? Di questi tempi merce rara

Ha ragione a cambiare discorso il mio amico Cesare. Fa il fruttivendolo ed ha studiato poco, ma ha capito, per parlare di altro che non sia il pallone, la necessità di riservarsi del tempo da dedicare alla lettura dei quotidiani oltre a seguire con attenzione gli spazi informativi proposti dalle televisioni. Cesare è molisano, ascolta musica napoletana e sa fare di conto. È riuscito con caparbietà a costruirsi un futuro vendendo mele e pere per sé e per la sua famiglia. Capisce di economia quel tanto che gli è servito a fare utili con il suo negozio. Ieri mattina, mentre mi consigliava di acquistare delle arance tarocco piuttosto che i mandaranci, mi ha detto una frase che vale più di un trattato di filosofia. «Pì, di questi tempi la politica è merce rara, vedi un po’ come questi agrumi. Sono tutti belli a vedersi, ma poi quando li apri. Peggio dei cocomeri d’estate». Il riferimento, manco a dirlo, all’intervista a Il Nuovo Molise del senatore Di Giacomo e al dito puntato su certi comportamenti. Uno spunto ghiotto se si pensa a come la politica sia diventata oggi: uno spazio più che del confronto quello del trasformismo. Non si tratta di usare frasi trite e ritrite, ma di constatare ciò che è sotto gli occhi di tutti. Mancanza di chiarezza con l’unica preoccupazione di curare il proprio orto garantendosi altra rendite per il domani. Sono pochi o rari - ho frequentato e continuo a frequentare quegli ambienti - i politici che credono in quello che fanno. Per una buona parte la politica è diventato un lavoro ben retribuito. Avete mai visto uno di loro che dopo essersi abituato a migliaia di euro di stipendio e indennità preferisca tornare a fare il professore o piuttosto l’impiegato? I buoni politici sono una merce rara da trovare. Tra qualche mese inizierà la caccia: è tempo di elezioni.

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