mercoledì 19 giugno 2013

Grazie presidente Frattura

Ringrazio pubblicamente il presidente della Regione Paolo Di Laura Frattura per la decisione di revocare la delibera di Giunta regionale che qualcuno definì “l’editto Iorio”.  Lo ringrazio perché tra le tante querele che sto ancora sopportando della passata gestione del Nuovo Molise Oggi ora ce n’è una in meno a cui devo far fronte, con buona pace anche per gli altri miei colleghi della società fallita con tutti i suoi carichi di pendenze giudiziarie ancora in itinere. Ma sono contento in particolare per i colleghi della Rai che hanno dovuto patire in un’aula di tribunale per il semplice fatto di aver letto i titoli del giornale nel corso della rassegna stampa. Plaudo all’0rdine dei giornalisti del Molise che ribadisce un principio condivibile che il rapporto tra politica e informazione  «tenga conto di comportamenti e criteri di valutazione che prescindano dal ricorso alla Magistratura». Esternazione che fa il paio con un tema che mai come ora ci trova sensibili e quanto mai attenti.  Scrive il nostro Ordine professionale: «La Regione approvi al più presto una legge sul pluralismo dell’informazione che tenga conto della crisi del settore e lo tuteli, in nome della sacralità del diritto all’informazione dei cittadini; può farlo premiando le imprese editoriali che hanno sinora adottato comportamenti di sostanziale correttezza, contrattualizzando i colleghi delle redazioni;  ma può farlo anche favorendo l’emersione del lavoro nero, l’abolizione del precariato e dunque predisponendo norme rivolte alle imprese disposte a regolarizzare le posizioni dei colleghi sinora privi di contratto». Intervento profetico. Non ho idea di cosa ci riservi il domani. Ma in questo momento mi rimbomba in testa una frase che sabato scorso ho letto su un calendario di quelli che ti regalano a Natale con le frasi celebri, una per ogni giorno. Non riesco a togliermela dalla testa: «Ci sono sempre due scelte nella vita: accettare le condizioni in cui viviamo o assumersi le responsabilità di cambiarle».                       
Pino Cavuoti

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