domenica 22 luglio 2012

Molise a rischio estinzione

Un titolo simile lo avevamo già utilizzato qualche mese fa per evidenziare come il decremento delle nascite in Molise, tra i più alti di tutto il resto della Penisola, mettesse in pericolo la sopravvivenza dei molisani. Questa domenica vogliamo riflettere sul rischio estinzione della Regione Molise. Per evidenziare come l’impegno del governo Monti per la riduzione della spesa pubblica (spending review) stia creando le premesse di una regione sempre più in pericolo.

I politici molisani piuttosto che preoccuparsi dell’esistenza della Provincia di Isernia, che è già defunta e si nonostante ciò continuano ad annunciare manifestazioni inutili in suo soccorso, è forse il caso che inizino a guardare con maggiore preoccupazione alla sopravvivenza di questa ventesima regione italiana. Condivido la necessità di tutelare la storia e l’identità dei molisani, del resto anche i nostri patri costituenti nel redigere la Carta utilizzarono, a dispetto dell’Emilia Romagna e di qualsiasi punteggiatura, l’artificio di Abruzzi e Molise. Una congiunzione che intendeva, già allora, due realtà separate e ben identificabili tanto che nel 1963 sappiamo tutti come andò a finire, con la conquista dell’autonomia amministrativa. Ai politici, pertanto, voglio consigliare, per quel che possono valere queste parole, di guardare oltre i confini del Molise. Pensare che la madre di tutte le battaglie, quando in Italia oltre alla Provincia di Isernia saranno tagliate 63 su 107, sia ancora quella in difesa degli uffici e degli incarichi da assegnare in via Berta, vuol dire non avere né la stoffa e né la visione lunga dei politici che hanno fatto grande questa porzione di territorio italiano. La festa è finita. Bisogna ridurre i costi di gestione della cosa pubblica e su questo bisogna iniziare a discutere impegnandosi a porre le fondamenta rispetto al rischio di mettere in discussione anche l’autonomia di una regione di poco superiore ai 320mila abitanti. Del resto se anche i consiglieri regionali, se si dovesse tornare a votare, sono stati ridotti a 20 rispetto agli attuali 30, ci sarà pure una ragione.
Pino Cavuoti

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