giovedì 14 febbraio 2013

Florindo D'Aimmo, un'eredità da non sciupare

Tanti i politici di ieri e altrettanti quelli di oggi, ma soprattutto tanti  suoi concittadini, quelli che lo incontravano per strada nelle sue lunghe passeggiate, hanno voluto salutare ieri mattina per l’ultima volta l’onorevole Florindo D’Aimmo. A 48 ore esatte dalle esequie della moglie Gilda, don Benito Giorgetta, parroco della chiesa di San Timoteo a Termoli, ha dovuto concelebrare il rito funebre per il commiato terreno del parlamentare termolese di cui non devono essere sciupata la sua ricca e colta eredità di uomo e di politico innamorato del Molise.
Usando un ossimoro è stato un bel funerale quello di Florindo D’Aimmo. Nella consapevolezza che la vita di ogni persona ha un inizio e una fine che nessuno può determinare, l’unica cosa che ci è data è segnare il tempo che vi intercorre. L’onorevole «il galantuomo della politica molisana», come ha detto nell’omelia don Benito, è riuscito a farlo con una vita dedicata al bene comune. Il sacerdote ha avuto parole d’affetto sentite, non di maniera, per la famiglia D’Aimmo e in particolare per Antonio, il figlio del parlamentare. «E’ stato molto bello l’altra sera. Ero nel mio ufficio - rivela  ai fedeli che lo ascoltavano con grande attenzione - e sento bussare. Vedo il volto solcato dalle lacrime di Antonio. Pensavo fosse venuto a scambiare qualche parola, ad esprimere  un ringraziamento per il funerale che avevamo appena celebrato della mamma. E invece deposita nel mio cuore un’espressione che ho curato e caldeggiato: “Don Benito è morto anche papà. Non sapevo dove andare e sono venuto qui”. E’ bello poter accogliere anche la tristezza di un dolore».

Alla presenza dei presidenti della Regione e del Consiglio regionale, Michele Iorio e Mario Pietracupa (seduti uno vicino all’altro), la comunità ha voluto salutare «un uomo doc, un cristiano doc e anche un politico doc»  ha  tenuto a sottolineare don Benito ribadendo che «la sua carta d’identità è stata  sempre la sua signorilità, il tratto distintivo che lo caratterizza più di ogni altra cosa» e ancora «un  uomo pacifico, sereno, cordiale, affettuoso e affabile» una «presenza cristiana che ha nobilitato la politica molisana che sicuramente porta la sua firma».  Ma il sacerdote è andato oltre affermando che D’Aimmo «può essere annoverato, al pari di altri, tra i padri fondatori della politica molisana».
Prima del commiato finale il ricordo dal pulpito di Gianni Di Giandomenico e di Natalino Paone. Molto accorte e documentate le parole di Di Giandomenico che ha parlato di D’Aimmo conosciuto nell’Azione cattolica, ai tempi del vescovo Oddo Bernacchia. Il passaggio alla Democrazia cristiana e il lungo cammino politico tra i banchi del Comune e in Regione dove «portò la lungimirante e quadrata intelligenza». L’industrializzazione nel basso Molise, la crescita culturale della regione con l’Università, l’arrivo della Cattolica a Campobasso, le i frastrutture, i “posti di lavoro veri” sono solo alcune delle immagini ricordate da Di Giandomenico che fotografano l’impegno di D’Aimmo «uomo di grandi visioni e estrema concretezza».
Presenti i gonfaloni del Comune di Termoli - “parcheggiato” in un angolo senza nemmeno la presenza di un agente della polizia municipale - e della Regione Molise.
Fuori dalla chiesa una signora anziana si ferma a commentare leggendo i tantissimi manifesti di partecipazione: «Questo era sì un politico che ti ascoltava, questi di mò non si fermano nemmeno a parlare». Segno dei tempi che sono cambiati e non poco!     

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