domenica 30 dicembre 2012

Buona fine e buon principio

L’anno che stiamo per lasciarci alle spalle è stato funesto e non solo per la rima perché bisesto. Il mio cuore - come luogo ideale idella che buon andare bene per tutti - ha sofferto, e non poco. Del resto non sono insensibile e di scorza dura. Umanità e debolezza vanno all’unisono soprattutto quando alcuni avvenimenti ti scavano nel profondo. Ma, grazie  a Dio, sono e siamo ancora qua, tutti insieme. Per il terzo anno consecutivo mi ritrovo a tu per tu con ognuno di voi per quello che è un momento molto intimo con i lettori. Ma prima di scrivere per voi vorrei farlo partendo dai colleghi che mi hanno permesso di poter firmare per 306 volte il giornale nel 2012. Sono precari in un settore che in Molise non garantisce il futuro, forse nemmeno a pochi.  Non posso non ringraziarli e farlo pubblicamente. Così come la società che edita i Fatti e lo faccio per il tramite dell’amministratore Giuseppe Santone, che è una brava persona. Ma allo stesso tempo vorrei dire grazie a chi nei mesi precedenti ha lavorato su queste colonne e per scelte personali o aziendali ha dovuto lasciarci. A tutti noi auguro buona fortuna e buon 2013, che tra qualche ora accoglieremo speranzosi. Per ironia della sorte oggi nella rubrica quindicinale curata da Sos Famiglia a pagina 21 parliamo di resilienza, che vi invito a leggere con la dovuta attenzione e senza fretta. Resilienza viene mutuata dall’ingegneria e si riferisce alla capacità di un metallo di resistere agli urti improvvisi e di non  spezzarsi. In campo psicologico una persona si definisce resiliente «in base alla sua capacità di  affrontare situazioni problematiche e di tirare fuori le risorse interiori rialzandosi in seguito ad eventi  imprevisti e considerati da molti come devastanti». Il mio augurio è di essere resilienti, ogni giorno di più. Sono certo nel farlo è come se augurassi buona salute a tutti. Pensate a quando questa crisi sarà passata e parlando del 2012 racconterete ai vostri nipoti di un anno terribile nel corso del quale eravate disperati eppure «ero resiliente, ed è per questa ragione che mi sono salvato e ora sono ancora con te tenendoti tra le mie braccia».

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