domenica 29 maggio 2011

Perché mai bisognerebbe tacere?

Ho avuto modo di apprezzare la lettera che il magistrato Fabio Papa mi ha inviato - e che pubblichiamo nella categoria lettere - in forza di un editoriale apparso sull’edizione di ieri dal titolo “Quando si ha la forza di saper aspettare”. Non è rituale che un magistrato scriva per rispondere, ma se questo serve a chiarire il lavoro di ciascuno ben vengano anche questi interventi e spero che non sia la prima e l’ultima volta.
Gli ho telefonato chiedendo se la lettera fosse inviata a titolo personale per rimbrottare le cose scritte dal giornalista. Il dottor Papa ha ribadito, invece, che fosse necessaria, almeno in questa circostanza, la pubblicazione. Garantendogli la mia ospitalità ho anche spiegato che avrei risposto. Mi rendo conto che la frase da me usata a proposito di giustizia “quella vera e non politicizzata” forse sia stata la causa che l’ha fatto indignare. E’ eccessiva? Non è il caso in specie? Non mi spetta, né l’ho fatto, giudicare il suo operato, né le sue idee politiche le quali, ben si comprenderà, non hanno nulla a che vedere con l’esercizio della professione di magistrato. Papa in buona sostanza mi ha invitato a evitare di parlare di cose che non conosco anche perché non frequenterei per mestiere le aule del tribunale. Voglio ricordare al magistrato che le mie sono state libere e personali opinioni, su un episodio di cronaca giudiziaria che ha avuto dei risvolti politici, nel contesto nel quale si è consumato, le quali hanno riguardato persone e circostanze ben note facendo abbastanza rumore. Non capisco perché manifesti preoccupazione per il sottoscritto che sta rischiando “di oltrepassare il limite del consentito e del lecito” per “azzardare commenti” per giunta “trasportati dall’entusiasmo o dalla volontà di piaggeria verso uno o più uomini politici che si stimano o si ritengono di proprio riferimento”. Queste sue affermazioni sono la chiara dimostrazione anch’esse di una opinione e una libera interpretazione il cui peso sospeso penso sia comprensibile a tutti per ciò che abbia voluto farmi arrivare all’orecchio. Per le mie competenze e conoscenze ritengo che ci sia in giro abbastanza pubblicistica per autorizzare chi scrive a pensare che la magistratura, perché fatta da uomini, non sia infallibile e che risenta anche talune volte degli umori o dei convincimenti di questo o di quel giudice, anche quando si prendono decisioni sofferte. Del resto, e lascio a lei gli esercizi di dialettica giuridica per ricordare, prima di tutto a me stesso, che le sentenze non sono mai fotocopia l’una dell’altra e ognuna segue un percorso diverso per arrivare ad affermare il principio di una giustizia giusta per un equo processo. Del resto non ritengo offensivo per l’intera magistratura affermare che ci siano stati clamorosi errori giudiziari, né per il giornalismo evidenziare che ci possa essere un “cronista poco attrezzato” in materia giuridica che esercita questa professione.
Pino Cavuoti

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