domenica 23 settembre 2012

Mafia-Stato, nascondono la verità. A Vasto Ingroia accolto come una star

Antonio Di Pietro e Antonio Ingroia
Vogliamo solo conoscere la verità e non ci arrendiamo. Conoscere la verità fa parte del nostro codice gentico anche perché c’è la morte degli uomini caduti per lo Stato». Sono trascorsi pochi secondi dalle 18 e 40 e nel cortile di Palazzo d’Avalos a Vasto i partecipanti alla Festa dell’Italia dei valori si alzano in piedi. Tutti, per applaudire, commuoversi, far sentire la loro rabbia, che monta. E si inizia a sentire prima una, poi due, decine e decine di voci gridare: vogliamo la verità. Una forte emozione ha toccato quanti hanno ascoltato, nemmeno fossimo in chiesa, l’intervento del senatore Luigi Li Gotti che per pco tempo è stato il difensore di Vincenzo Scarantino, il pentito chiave del processo per la strage di via D’Amelio. «Era un fiume in piena - ricorda Li Gotti - che non si riusciva a contenere e diceva un sacco di fesserie. L’avevo capito e ho rinunciato alla sua difesa e anche il Ilda Boccassini». Ieri pomeriggio, come quando si va a una partita di calcio e si paga il biglietto solo per vedere un’azione del grande campione, si sono toccate alte punte di attenzione e di partecipazione durante il confronto “A 20 anni dalle stragi, rimangono i misteri, diminuisce la difesa dello Stato”. L’attesa era tutta per il pm di Palermo, Antonio Ingroia, che parla della trattativa Stato-mafia e spiega come «la posta in gioco doveva essere molto alta. Per questo l’inchiesta ha suscitato tanto clamore».  E rispondendo a una precisa domanda di Claudia Fusani, che ha moderato l’incontro, sulle dichiarazioni del pentito Spatuzza e all’inchiesta di Caltanissetta che, sull’omicidio di Borsellino, dovette venire riaperta, Ingroia dice: «Mi rifiuto di pensare che si sia trattato solo di un depistaggio mirato a coprire killer più importanti. E’ chiaro che ci deve essere stato qualcosa di più grande che si voleva coprire». E ancora «Poi, se dopo aver considerato tutto questo si pensa che Borsellino è stato ucciso perché ostacolava la trattativa, forse si intravede la posta in gioco e si capiscono i tanti clamori suscitati». Posta alta in gioco e le bugie di Scarantino. Ritardo nelle indagini per le stragi di Capaci e via D’Amelio  che «nasce da una distrazione che c’era stata una trattativa tra Stato e mafia e si voleva impedire di scoprire questo coperchio».

Ma i grandi convitati di pietra della serata sono il capo dello Stato Giorgio Napolitano e l’ex ministro degli Interni nell’epoca delle stragi Nicola Mancino. Le telefonate intercorse tra quest’ultimo e il Colle e in particolare con lo scomparso consigliere del presidente della Repubblica Loris D’Ambrosio. Ed è proprio sulle intercettazioni che ruota anche il livello che si alzato in questi ultimi mesi con le dichiarazioni di Di Pietro verso Napolitano. E sul fatto che «non è previsto da nessuna parte che si debba procedere immediatamente alla distruzione delle intercettazioni irrilevanti» come nel caso in specie. Diverse bugie come e depistaggi. Ancora oggi   dpo che sono trascorsi vent’anni. Il giornalista Saverio Lodato  ha commengtato come solo l’Idv in Parlamento «ha ritenuto che il valore dell’antimafia sia imprescindibile» così come fecero «Falcone e Borsellino che la lotta alla mafia viene fatta senza se e senza ma». E l’atto di accusa di Lodato «che uomini dello Stato prima, durante e dopo le stragi di mafia avevano tramato». Questa è la vera questione.
Fabio Granata, componente per il Fli della Commissione parlamentare antimafia, commenta come sia cambiato il clima politico rispetto alle stagioni delle stragi e come ora si  possa fare esercizio di «riconquista di memoria progressiva» con tutti che ora iniziano a ricordare «tranne Mancino» per «questioni che pesano ancora e che dovrebbero essere il primo punto dell’agenda politica nazionale». L’ex magistrato Bruno Tinti ricostruisce la vicenda Mancino indagato per falso che viene messo sotto intercettazione e «disperato chiama il Colle». E l’atto di accusa che non solo la classe politica ha nascosto la verità ma anche chi avrebbe dovuto condurre le indagini per conto della magistratura.
Pezzi di verità che si vogliono costruire, centimetri di verità come la platea ha reclamato ascoltando chi era sul palco. «Perché in nome del popolo italiano si pronunciano le sentenze, nel suo nome si esige chiarezza».
Pino Cavuoti

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