martedì 25 settembre 2012

Noi siamo con il direttore Alessandro Sallusti: subito un decreto legge

Alessandro Sallusti
Querele, condanne, carcere. E’ il segno di come in questo Paese ci sia ancora arretratezza per il reato di dffamazione che comporta anche la pena detentiva, mentre sarebbe più corretto una sola forma più civile come quella risarcitoria. Dopo Giovan­nino Guareschi e Lino Jannuzzi c’è il pericolo che si aggiunga tra i giornalisti finiti dietro le sbarre anche il nome di Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale.  E non si tratta di una difesa della categoria degli scribacchini, come qualcuno ama appellarci, ma una constatazione sul campo fatta da chi ogni giorno si trova nella stessa condizione soprattutto quando non è materialmente l’autore dell’articolo ritenuto diffamatori. Si potrebbe anche dire, nel caso in specie che riguarda Sallusti, che la pericolosità sociale del direttore sia data dal fatto che il quotidiano da lui diretto abbia parlato, senza citarlo, di un magistrato! Per risolvere la questione basterebbe, come qualcuno suggerisce, un decreto legge di po­che parole in cui si dica: le pene detentive inflitte per reati com­messi a mezzo stampa sono con­vertite in sanzioni pecuniarie. Domani la sentenza della Cassazione che renderebbe esecutiva la condanna a 14 mesi di carcere, senza condizionale. Antonio Di Pietro chiede a Monti di intervenire con un decreto: «È impensabile che un giornalista possa finire in carcere per quello che ha scritto». Dal canto suo Sallusti dice: «Il mio caso serva da grimaldello per scardinare il problema della libertà di opinione». La Federazione nazionale della stampa italiana è intervenuta affermando che «è inaccettabile che un giornalista per fare il suo lavoro e per le sue opinioni rischi la galera. Non è da Paese civile». Per questo siamo con Alessandro Sallusti e con chiunque altro si dovesse trovare nella stessa condizione.
Pino Cavuoti

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