martedì 16 ottobre 2012

Nel giorno 16 del mese di ottobre dell’anno 2012

Esattamente dodici mesi dopo le Regionali 2011 il Consiglio di Stato oggi è  chiamato a chiudere la questione elezioni: confermare la sentenza del Tar e mandare tutti a casa o dare il via libera definitivo a Michele Iorio per continuare nella sua funzione di presidente della Regione Molise. In queste ultime settimane è continuato il gioco della margherita: Iorio resta, Iorio va via. A poche ore dalla parola fine le probabilità sono al cinquanta per cento, per l’una o l’altra soluzione. La questione che mi sta più a cuore, e che ritengo di voler affrontare, è quella del diritto e della giustizia. Il centrosinistra ha fatto bene a presentare il suo ricorso in forza delle leggi, che vanno rispettate. Con lo stesso diritto che nel 2000 consentì a “un cittadino elettore” di far cadere Giovanni Di Stasi spianando la strada alla vittoria di Iorio nel 2001. Su questo semplice e per certi versi banale, sono certo di dire che troverà tutti d’accordo. Però, a distanza di undici anni, una specie di legge del contrappasso potrebbe fare giustizia “dell’ingiustizia” che disarcionò, allora, il centrosinistra e che potrebbe ripetersi ora con il “buon governo di Iorio”. Non tiro la volata per nessuna delle due ipotesi, ovvero che resti l’attuale governatore o che si rivada alle urne. Ma finalmente. Perché almeno si avrà una certezza: far risvegliare, in un modo o nell’altro, la classe politica. Che sarà legittimata, anche facendo di nuovo ricorso alle urne, a far ripartire una regione che sembra addormentata, con il freno a mano tirato, restata in attesa di ciò che accadrà nel giorno 16 del mese di ottobre dell’anno 2012. Quella odierna sarà una lunga e per certi versi interminabile giornata al termine della quale i soli a ridere o piangere saranno gli addetti ai lavori della politica. Il resto dei molisani un po’ distratti dalle “cose del mondo” si potrà consolare con una frase di Francesco Guicciardini, che mi ha inviato ieri sera un amico per email, che recita: «L’unica cosa che rende la vita sopportabile, è il non sapere che cosa verrà dopo».
Pino Cavuoti

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