martedì 24 gennaio 2012

Dallo sciopero del forcone a quello della forchetta

Per chi come me viaggia ogni giorno per recarsi al lavoro consumando duecento chilometri, andata e ritorno, non può che trovarsi d’accordo con la protesta degli autotrasportatori. Il costo del carburante incide, e non poco, sull’economia familiare. E il costo energetico, a cascata, si riversa sulle aziende e di nuovo sulle famiglie e quindi sugli acquisti, in una filiera che non sembra avere mai fine. 
Capisco chi ha dato il via a questa protesta, che in un solo giorno ha messo già in difficoltà il trasporto su gomma. Ieri i primi disagi si sono avvertiti ai distributori, che in poche ore sono rimasti a secco. Al momento non si registrano difficoltà nel fare la spesa nei negozi alimentari o nei grandi magazzini. Ci sono sufficienti scorte per far fronte all’emergenza per alcuni giorni. Il vero problema riguarda le industrie, che dovranno sospendere la produzione con tutti i pericoli per un settore che in Molise non sta attraversando un buon momento. C’è il rischio fondato di forti ripercussioni sulla loro fragile economia. Del resto anche colossi come la Fiat e la Sevel di Atessa hanno deciso di bloccare la produzione già oggi dal primo turno delle 6. Non arrivando le materie sono costretti a fermarsi. La protesta dei forconi ci ha fatto vedere cosa può accadere in soli pochi giorni di blocchi stradali.  Disagi che si vanno ad aggiungere ad altri, e ad altri ancora. Il rischio che dalla sciopero dei forconi si passi a quello delle forchette, con le quali ci sarà davvero poco da infilzare sulle nostre tavole. Ho qualche chilo di troppo. Il non mangiare potrebbe anche essere un toccasana, ma il problema non si risolve facendo solo digiuno. La gente inizia a non farcela più: è esausta. In una situazione del genere, governo tecnico o politico che sia, è facile che la protesta possa degenerare a livelli non più gestibili dal solo buon senso. E forcone e forchette potrebbero trovare «ospitalità» in ben altri posti! 
Pino Cavuoti

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